IL
TRIBUNALE INTERNAZIONALE
PER
I CRIMINI
BRIDGISTICI
all’udienza del
20 novembre 2001 ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel procedimento
a carico di SIMONELLI STEFANO,
imputato:
A) di appropriazione
indebita, reato previsto e punito dall’art. 646 codice penale, perché, a
fine di ingiusto profitto, si appropriava di n. 13 carte da giuoco francesi,
affidategli in temporanea visione
dalla infelice compagna (pur se felice coniuge) Rinaldi Elena.
B) di sostituzione
aggravata di persona, reato previsto e punito dall’art. 494 codice penale
perché, al fine di procurare a sé un vantaggio e di arrecare danno a Polichetti
Elio e Simonelli Barbara, sostituiva illegittimamente la propria persona a
quella di Rinaldi Elena, attribuendosi, nella composizione del tavolo, il falso
stato di Giuocatore in SUD, sì da giustificare, all’apparenza, il possesso
delle 13 carte da gioco di cui si era appropriato con la condotta descritta al
capo A).
Con l’aggravante
di avere commesso il fatto in danno di propri congiunti ed affini (sorella e
cognato).
C) di uso
illegittimo di cadavere, reato previsto e punito dall’art. 413 codice penale,
per avere indebitamente gestito le 13
carte da gioco in precedenza sottratte, così trasformando un “morto” di provata
abilità in un “vivo” di altrettanto provata somaraggine.
Reati commessi
in data 17 novembre 2001, in Roma (per
l’esattezza, a casa sua...).
Il
FATTO
Nel corso del
torneo svoltosi presso la residenza dell’imputato in data 17-18 novembre 2001,
al
secondo
turno di
gioco (mano 16) il Simonelli, seduto in NORD, aggiudicatasi la licitazione
contro la coppia composta dalla sorella Barbara e dal cognato Polichetti Elio,
si impossessava delle carte del morto (la compagna e coniuge Rinaldi Elena), e
con abile e astuta manovra, compiuta con disinvolta nonchalance, le tratteneva per sé, stendendo invece a terra le
proprie miserabili carte. Il tutto all’evidente scopo di procurarsi ingiusto
vantaggio mediante il celamento dei “pezzi” del morto.
Di tale manovra
probabilmente si avvedevano gli avversari, i quali tuttavia omettevano di
richiedere l’intervento del Direttore, vuoi per non svergognare pubblicamente
il congiunto, vuoi perché il predetto Direttore, Ing. Cataldo, era al momento
impegnato nel rampognare duramente la propria compagna a causa di un preteso
errore di licitazione dalla medesima compiuto (errore in realtà insussistente, e frutto di allucinazioni Direttoriali:
n.d.r.).
Al termine della
smazzata, con simulata indifferenza, il Simonelli, al fine di cancellare le
tracce del misfatto, imbussolava le carte in modo regolare, rispettando ruoli e
posizioni.
DIRITTO
I fatti sono
provati nella loro oggettività. E’ tuttavia necessario analizzare l’elemento
psicologico del reato, ed in particolare accertare se l’imputato abbia agito
intenzionalmente, e dunque con dolo, ovvero con negligenza e disattenzione, e
dunque con mera colpa. L’indagine riveste indubbia rilevanza, atteso che il
trattamento sanzionatorio previsto per le descritte condotte offre, proprio in
relazione all’atteggiamento psicologico del reo, un ventaglio che spazia dalla semplice censura (vabbè, avemo scherzato, è ‘n bravo rigazzo, famo finta de gnente..)
alla radiazione da tutti i tornei (pena massima per l’ipotesi dolosa).
Il Pubblico
Ministero (il Direttore Ing. Cataldo) propone una penalizzazione di qualche
punto, ovviamente limitata al torneo incriminato.
La Difesa non ha
rassegnato conclusioni, per il semplice motivo che nessuno degli sciacalli
partecipanti al torneo, ovviamente interessati ad affossare una coppia
avversaria, ha inteso assumere il mandato difensivo (la circostanza più allarmante è costituita dal rilievo che neppure la
Rinaldi Elena ha voluto patrocinare la causa del consorte...).
Ad ogni modo
questo Tribunale ritiene di aderire alla tesi della mera colpa (disattenzione e
sbadataggine), e conseguentemente di irrogare la modesta sanzione proposta
dalla Direzione, in base alle valutazione delle seguenti circostanze, che
militano a favore del Simonelli:
1) Incensuratezza
dell’imputato, notoriamente sprovveduto e del tutto incapace di ricorrere a
trucchi e tranelli (egli è noto come il
Forest Gump del tavolo verde).
2) Altrettanto
notoria ricorrenza, nella condotta dell’imputato, di momenti di totale assenza, che non di rado determinano
disastrosi esiti di gioco, come possono testimoniare i partecipanti al torneo,
a ciascuno dei quali è capitato di udire la Rinaldi Elena rivolgersi al coniuge
con affettuose e bonarie esclamazioni quali: “Stefano, ma che fai, dormi? A cosa stavi pensando, Stefano? Stefano, ma ce fai o ce sei?”.
3) Difficoltà di
concentrazione da parte dell’imputato, il quale nella specie, oltre che
giocatore, era altresì padrone di casa, e dunque impegnato a fronteggiare
un’orda di esigentissimi, affamatissimi ed assetatissimi convitati, tra cui lo
scrivente (ed in effetti il servizio di ristorazione offerto dal Simonelli è
stato di gran lunga superiore alle sue prestazioni di gioco: la minestra di
farro ed il Premier Beaujolais erano
di superlativo livello. E che dire della grappa?)
Il Tribunale è
consapevole che, probabilmente, il soggetto più favorevole ad una sanzione
esemplare e oltremodo severa, quale la radiazione dal torneo, sia proprio la doppiamente compagna Rinaldi Elena, interessata a liberarsi, se non anche del
coniuge, quanto meno del compagno di gioco; e tuttavia non ritiene di dover
inasprire il trattamento sanzionatorio proposto dalla Direzione, bensì di
esortare la sullodata Rinaldi alla pazienza ed alla evangelica comprensione,
anche perché il Simonelli se lo è sposato, e dunque, come la saggezza popolare
insegna: “hai voluto la bicicletta ? e
mo’ pedala...”.
P. Q. M.
V. l’art. 533
c.p.p.;
dichiara Simonelli
Stefano colpevole dei reati ascrittigli, ritenuta peraltro la ipotesi colposa,
e lo condanna alla sanzione della penalizzazione in misura di punti tre.
Così deciso in
Roma, 20 novembre 2001.
Il
Pres. estensore